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Per questa sezione si ringraziano vivamente gli autori per aver concesso e permesso la pubblicazione degli articoli, che posano le loro basi ed affermazioni su approfondite fonti storiche, bibliografiche e su rilevanti documenti diocesani, mostrando così tutto il loro affetto per la nostra Parrocchia. |
I duchi di Capracotta a Pomigliano d'Arco
Articolo pubblicato nella sezione "Letteratura
Capracottese" dell'omonimo sito il
21 mag 2020 e gentimente concesso all'utilizzo
da parte dell'autore
Francesco Mendozzi
La ex Chiesa di San Pietro e Paolo a Pomigliano d'Arco (NA).
Nonostante ospiti uno dei più grandi poli industriali dell'Italia meridionale, la cittadina di Pomigliano d'Arco, situata ad est di Napoli, ha delle architetture civili e religiose di tutto rispetto, come la Taverna del Passo, la Chiesa di San Felice e quella del Carmine.
Meno nota, quasi sconosciuta agli stessi pomiglianesi, è la piccola e periferica
Chiesa di San Pietro e Paolo, sita nell'area residenziale di Pacciano, sul
versante orientale della ex via Mezzana, ed oggi fagocitata dall'enorme
parrocchia in cemento di San Pietro Apostolo.
In realtà quell'edificio, che faceva parte di una vera e propria masseria, non
ha mai goduto di buona salute se non in un breve frangente storico agli albori
del XIX secolo. Già nel 1615 la chiesetta veniva descritta da Giovanni Battista
Lancellotti, vescovo di Nola, «pubblica, priva di rendite e in cattive
condizioni». A quel tempo pare vi fosse anche una torre con orologio a base
quadrata, risalente al XIII secolo, che proteggeva il fabbricato dei Caracciolo
di Sant'Erasmo, da cui l'intero complesso prendeva il nome. Nella medesima
visita del 1615, il vescovo Lancellotti esaminò anche un'altra cappella,
privata, ubicata nella stessa masseria Caracciolo ma, dopo quella santa visita,
per circa due secoli il «Casali Pacciani» e relative pertinenze spariscono dalla
storia scritta. Nel catasto onciario del 1753-54 la chiesetta non risulta
nemmeno registrata, anche se gli studiosi Giovanni Basile e Annunziata Esposito,
sulla base di altre testimonianze, sostengono che fosse ancora aperta al
pubblico e povera.
Le notizie relative alla Chiesa di San Pietro e Paolo a Pacciano riappaiono a
partire dalle visite pastorali effettuate tra il 1807 e il 1810, quando, nelle
relazioni scritte la chiesuola è definita «Cappellam S. Petri et Paoli», di
proprietà dei signori di Capracotta, che evidentemente la sostenevano
economicamente. I nobili che allora tenevano il titolo di Capracotta erano i
Capece Piscicelli, nella persona di Antonio Capece Piscicelli (1785-1839), VII°
duca di Capracotta dal 1799 e patrizio napoletano, figlio di Carlo e dell'ormai
celebre Mariangela Rosa de Riso. Quelli sono gli anni in cui la ricca famiglia
dei Capece Piscicelli rinnova il bel palazzo in via Monte di Dio a Napoli, la
villa estiva ad Ercolano e un villino rustico a Massa di Somma, imprimendo il
nome di Capracotta su una vasta area del Napoletano.
Tornando alla Chiesa di San Pietro e Paolo, nel 1813 questa diventa di
patrocinio dei signori Pietra-Molara, che la mantennero in buone condizioni
almeno fino al 1824, evadendo così dall'orbita dei signori di Capracotta, ormai
alle prese con problemi testamentari.
Francesco Mendozzi
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Per l'articolo seguente è doveroso rivolgere un particolare ringraziamento al Dott. Giovanni Basile, attuale responsabile della Biblioteca comunale di Pomigliano d'Arco che ha reso possibile le approfondite ricerche storiche ivi contenute.
Cenni Storici sulla Parrocchia e Chiesa di S. Pietro
di
LENA SELVA — NICOLA ESPOSITO
Non siamo i primi ad interessarci di Pacciano, perché altri hanno scritto e tentato di studiare lo svolgersi della sua evoluzione; tuttavia è nostro desiderio, lasciateci questo ardire, riprendere e proseguire il loro lavoro, affinché non si perdano la passione e l’orgoglio per la propria terra natia. In mezzo ad una selva paludosa che per lungo tratto si estendeva nell’interno dalla isolata Sommese, oggi Corso Vittorio Emanuele, all’Appia, oggi Via Roma, s’andò formando un piccolo villaggio: il villaggio Pacciano, che, sia per la sua lontananza, sia per la sua esigua estensione, fiorì meno rispetto a Pomigliano, divenendo quindi sua frazione sin dal 1300.[1] La località prese il nome “Pacciano” dalla famiglia che la possedeva (gens Paccia). Dell’antica Pacciano oggi c’è rimasto ben poco: un arco eretto forse dalla famiglia Palmese per questo detto “è Parmese” che immette in un vasto cortile dove c’è un vecchio fabbricato appartenuto ai Caracciolo, marchesi di S. Eramo; una fatiscente torre, probabilmente difensiva, da cui parte un cunicolo, che, forse, comunicava con il palazzo Baronale, adiacente Piazza Mercato, anticamente detto castello di Pomigliano; un agglomerato di case basse appartenute al sig. Ascanio Centomani di Potenza[2] ed infine proprio sul ciglio della strada S. Pietro, una piccola chiesetta, la quale prende il nome dall’Apostolo, la cui immagine è dipinta su maioliche affisse sulla facciata. All’archivio della Curia Vescovile di Nola, questa chiesetta appare menzionata sin dal 1615 nei registri delle visite Pastorali. Quindi, ha ragione il Cantone[3] quando scrive che trattasi di una cappelletta pubblica e povera anteriore al 1753. Difatti, un anonimo di allora diceva: “I poveri, si sa, non pagano le tasse, e non vanno, quindi, nei ruoli”. Ritornando però, alla Santa Visita del 1615 effettuata dal vescovo G.B. Lancellotti, si trova: “Cappellam S.ti Petri, qua olim erat Parochialis Ecclesia” mancante di beni e di entrata e per giunta in cattive condizioni.
Nello stesso giorno, il vescovo visitò anche un’altra cappella, privata però, sita in una Masseria del Marchese di Sant’Erasmo, nella quale a differenza della “pubblica” cappella di S. Pietro, si celebrava la Messa domenicale.
In seguito poi, di tutte le visite Pastorali avutesi in Pomigliano, del “Casale di Pacciano” e della sua chiesetta non si troverà più traccia per più di due secoli (si potrebbe pensare che questi fossero gli anni oscuri della cappella S. Pietro). Infatti, di essa ricominciamo a trovare notizie solamente nel 1807. Comunque, si troverà che in quell’anno e negli altri successivi, esattamente fino al 1810, questa “Cappellam S. Petri et Pauli” era dei Signori Capracotta, i quali la curavano dignitosamente e la sostenevano economicamente (vedi Registro Visite Pastorali). Invece, poi, negli anni 1813, 1815, 1817 e 1824 dei Signori Capracotta non si parlerà più, perché la cappella S. Pietro diverrà di patrocinio dei signori Pietra-Molara, i quali, anch’essi, la manterranno decentemente fino al 1824. Anche se, proprio in quell’anno, a seguito di una visita pastorale, essa fu dichiarata inidonea per la celebrazione della Santa Messa fino a quando non si provvedesse a renderla sufficientemente praticabile. Questa povera cappelletta, dunque, era lo specchio di un “villaggio” modesto ed umile come cantava P.E. Imbriani, nei suoi Versi: “Io spesso quando dalle vèsbie giogaje impetuoso precipitava l’autunnal torrente fra le trepide case, in cui s’asconde L’umil Pacciano, desiai nel gorgo cessar la vita, desiai la morte d’ogni speranza e mia”.
Di ogni speranza fu privata anche la fragile cappelletta, ché fu totalmente abbandonata. Mancavano forse a Pacciano uomini e donne da essere sostenuti spiritualmente? Perché privare il “villaggio” della chiesetta S. Pietro, che sarebbe stata sicuramente un punto fermo per i suoi abitanti? Evidentemente questa riflessione portò ad avanzare da parte di un certo marchese Pietra una questione morale contro il Comune di Pomigliano, il quale non voleva saperne di nominare un economo curato permanente, in quanto non lo riteneva necessario, perché in quella cappella, di patronato “particolare”, non era mai mancata la Santa Messa nei giorni festivi.[4] Allora, quella Santa Messa, era officiata da don Salvatore Mingione, un sagrestano di poca abilità, della Chiesa di S. Felice in Pincis, nato il 18/04/1816, cappellano, per l’appunto, dei dì festivi a Pacciano.[5] Nonostante ciò, l’intervento personale del marchese Pietra e presso la corte di Ferdinando II e presso la Curia di Nola, risultò propizio ed efficace, in quanto, dal giorno 27 luglio del 1856, il Comune dovette finanziare un economo permanente. Fu designato don Salvatore Passarelli con uno stipendio di 60 ducati annui.[6] Il suo curriculum vitae, come abbiamo potuto ricostruirlo, scorrendo i registri nell’Archivio Vescovile e nell’Archivio Comunale di Pomigliano, si dipana in questo modo:
all’epoca egli era in età giovanile; “nato ai 14 ottobre 1826” da Raffaele e da Angiola Maria Sabbatino; di mediocre abilità; confessore di uomini; cappellano nei dì Festivi nella Parrocchia di Cisterna; nel 1864 fu proposto e nominato sempre come economo anche per la chiesa di Tavernanova, alla quale dovette rinunciare per motivi familiari (vedi lettera). Nel 1878 fu nominato economo per la chiesa di S. Felice in Pincis, pur continuando ad interessarsi della cappella S. Pietro.
Il successore di S. Passarelli fu don Saverio Barretta, nato il 20 dicembre 1841 da Felice e Fortunata Cantone. Vestì l’abito con permesso della Curia il 4 settembre 1868. Il cognome Barretta,[7] di cui si ha notizia sin dalla prima metà del settecento. Le famiglie Barretta, da cui discende don Saverio, si insediarono in Pacciano proprio dietro la Torre e la Cappella S. Pietro, dove essi avevano i beni. Ma, tornando alla figura di don Barretta, dobbiamo dire che fu un sacerdote molto zelante e attento ai problemi di Pacciano. Infatti, durante il suo economato, egli si interessò attivamente delle sorti della chiesa tanto da coinvolgere il Comune, pur dovendo esso interessarsene, ad averne maggiore cura. I primi echi di tale interessamento si trovano in una delibera consiliare del 25/05/1874. In quella seduta, il sindaco Pasquale De Falco fece presente a tutto il Consiglio le urgenti riparazioni che si dovevano effettuare al fabbricato della bisognevole chiesetta del “Villaggio Pacciano”. La somma impiegata fu di 70 lire. L’anno dopo e precisamente l’08/10/1875, su istanza dell’economo Barretta, il Consiglio deliberò ancora per i lavori relativi al pavimento della chiesetta, la somma di £. 127 e 50 centesimi. Finalmente dunque, avvenne la tanto sospirata restaurazione.
Questa cappella, che riprese il suo aspetto e la sua piena efficienza, si avviava ormai sempre più verso una maggiore autonomia ed indipendenza. Da un elenco degli oggetti esistenti nella cappella di Pacciano redatto sempre dall’economo S. Barretta nell’ottobre del 1894, si può ricostruire la sua probabile topografia. Infatti vi è scritto che “la chiesa è isolata soltanto dal lato destro è attaccata ad un piccolo androne ed all’estremità ad un forno”.
Segue poi un lungo elenco di oggetti e suppellettili appartenenti ad essa.[8]
Evidentemente il motivo per cui fu necessario redigere questo inventario, lo si trova in una delibera del Consiglio dell’1/12/1896. Il comune prima di far fronte a delle spese per gli arredi sacri di questa chiesetta, voleva avere un quadro generale della situazione, affinché potesse stabilire di cosa realmente essa avesse bisogno per il culto.
L’anno dopo, in seguito ad un’istanza del sempre intraprendente cappellano di don S. Barretta ed ad un’ispezione del Sindaco, si constatò ancora una volta la necessità di varie riparazioni alla chiesetta. Per questi accomodi il Comune spese £. 130.[9]
Ma, ben presto un grave lutto colpì Pacciano e la sua chiesa, don S. Barretta morì e con lui, forse, anche l’orgoglio e la tenacia di un piccolo popolo che aveva caratterizzato il faticoso cammino di questo villaggio ormai alle porte del ‘900.
Il comune intanto in una seduta segreta del 14 ottobre del 1900, subito si rese partecipe della necessità di provvedere a tale mancanza, nominando nello stesso giorno un nuovo economo nella persona del sacerdote Gaspare Siciliano. Egli nacque il 2 gennaio del 1865 dal farmacista Tommaso e da Letizia De Falco; divenne sacerdote nell’aprile del 1893. Fu apprezzato e stimato da tutti per il suo zelo e l’amore verso il popolo pomiglianese e la chiesa. Di lui così scrive il Cantone: “Fu una profonda anima mistica che espose l’amore di Dio e i segreti della vita spirituale come pochi hanno saputo fare nel corso della loro vita”.
Per la sua attività, il popolo della borgata Pacciano non sentiva più la mancanza del suo predecessore. Questo novello sacerdote era riuscito con la sua benevolenza e con il suo amore a farsi amare da tutti, tanto da lasciare ancora oggi un vivido ricordo. Rimase a Pacciano fino al 1914, anno in cui si dimise, perché chiamato ad altro ed alto incarico, in effetti, però, egli non risultava più a carico del Comune fin dal 1° luglio del 1906 per motivi economici.[10]
Ricordiamo che lo stipendio annuo di un economo era di 255 lire. L’ex cappellano di Pacciano divenne dunque, canonico della Cattedrale di Nola e poi Vicario Foraneo dell’ottina di Pomigliano, di Castel Cisterna e di altre parrocchie, e chiamò il clero all’osservanza regolare. Dopo le dimissioni di don G. Siciliano, il Comune dovette procedere ad una nuova elezione per la nomina di un altro economo. Fu eletto il sacerdote Salvatore Terracciano sempre con lo stesso stipendio. Egli nacque il 1° ottobre del 1885 da Felice e da Carmela Valente.
In un elenco della Forania di Pomigliano, trovato nell’archivio della Curia Vescovile di Nola, risulta che egli è il decimo di 19, grado militare soldato.
Di don S. Terracciano possiamo dire che fu un sacerdote efficiente e molto autorevole, restò nella chiesetta S. Pietro per circa 51 anni, negli ultimi anni del suo economato, egli fu coadiuvato allora da un giovane sacerdote, oggi nostro parroco, don Carmine Coppola. Morì il 4/7/1966,due anni prima che la Cappella S. Pietro diventasse Parrocchia.
Durante la sua rettorìa la cappella San Pietro subì molti cambiamenti.
Il 1° febbraio del 1931 l’Ufficio S. Visita della Curia Vescovile di Nola,ebbe a fare una relazione relativa alla visita del Vescovo dal 30/03 al 06/04/1930.
Come si rivela dalla copia dattiloscritta con l’annotazione manoscritta in alto a destra, “Per il rev.mo Mons. Siciliano Vicario Foraneo” e che, per quanto riguarda la chiesa di “Paciano”, (sic) dice quanto segue:
Il Rettore della chiesa di Paciano, per il territorio ad essa attribuito, è Vicario Cooperatore e rappresentante del Parroco di S. Maria delle Grazie. A manifestare la sua dipendenza del detto Parroco, nelle feste più importanti, parteciperà alle funzioni che si svolgono in Parrocchia.
Per facilitare l’amministrazione del Battesimo a vantaggio dei fedeli di Paciano, concediamo alla Rettoria il diritto del Battistero, con i relativi emolumenti, da esercitarsi però solo per i figliani del territorio attribuito alla chiesa. La registrazione però si farà anche in Parrocchia trascrivendola ogni mese.
Per i suoi fedeli il Rettore di Paciano esporrà le pubblicazioni, rimanendo però intatto il dovere del Parroco di fare altrettanto in Parrocchia ed il diritto circa gli atti preparatori e l’amministrazione del sacramento del matrimonio.
Questo fu il primo importante passo verso la futura elevazione a Parrocchia di questa ormai sempre più efficiente Cappella S. Pietro.
Nel 1934 il nostro zelante sacerdote assieme ad altri parroci di Pomigliano ottenne dal Comune anche una riduzione della tariffa della luce elettrica per le chiese.[11]
Il 19 gennaio del 1937, egli venne proposto anche come parroco per la chiesa di S. Felice in Pincis. Nel 1940 durante una Visita Pastorale del Mons. Melchiori, la sua Rettoria venne dichiarata curata e ben tenuta anche se ancora insufficiente ai bisogni della popolazione, ecc. ecc.[12]
Oggi invece, questa cappella è diventata Parrocchia grazie anche all’interessamento dell’attuale parroco, il quale ha continuato l’opera del suo predecessore. Ma di questo parleremo più dettagliatamente in un altro capitolo. Vi parleremo ora della vita comunale di Pomigliano e dei suoi riflessi in quella di Pacciano, parte integrante della storia pomiglianese.
Il 7 agosto del 1809, i nostri amministratori in ottemperanza della legge del 20 maggio 1808, la quale stabiliva che i Comuni si mantenessero con dazi e tasse, decisero di adottare il nuovo sistema.[13]
A Pomigliano, quest’aria di cambiamento però si respirava già l’anno prima, infatti fu deliberato ed istituito: una pubblica panificazione a forno aperto; due prime scuole municipali; due catapani ossia governatori, prima ve n’era solo uno, di cui uno per il quartiere della Terra, e l’altro per il quartiere della Piazza; la “Commissione di beneficenza” divenuta poi, Congrega della Carità.
Purtroppo, però, queste innovazioni, realizzate anche con un certo tempismo, non ebbero ripercussioni a Pacciano: se si pensi che per ottenere la costruzione della strada di accesso a Pacciano, si dovette attendere circa 16 anni.[14]
Infatti, questa importante costruzione, cominciò il suo iter burocratico il 20/5/1863 e finì il 6/12/1879. Sono stati 16 anni di discussioni, di dibattiti, di decisioni a quanto precedentemente deliberato e così via.
Nella seduta del 20/5/1863, il Consiglio Comunale, sollecitato dal consigliere Romano Santo, accettò o meglio prese coscienza dell’urgenza di aprire due strade nel villaggio Pacciano, che unissero la borgata al centro cittadino, al fine di “animare il traffico sia anco per rendere utile il commercio di quella popolazione”.
Poi nella seduta del 6/12/1879 il Comune finalmente, su proposta del consigliere Pino, “revocando come revoca la sua delibera” approvò il progetto finale dell’Ing. Cantone per tale costruzione, il cui costo era di 14.120 lire. Sbaglia C. Aliberti quindi, quando scrive nel suo libro Pomigliano dall’unità d’Italia[15] che questa importante arteria interna, capace di collegare il borgo Pacciano con il centro del paese, iniziò il proprio iter otto anni dopo e che fu approvato il progetto in una seduta consiliare del 15/4/1879 per l’ammontare di 8.120 lire. Un’altra importante realizzazione per la borgata Pacciano fu quella della conduttura dell’acqua di serino. Questo progetto fu discusso dapprima in una seduta consiliare del 20/4/1899; poi in quella del 16/8/1900 si sottolineò la necessità di fornire “della salubre acqua del Serino la contrada Paciano”. Dopo varie discussioni circa l’approvazione del progetto per motivi economici, si arrivò ad una conclusione: il 7/2/1910 tale progetto venne approvato con l’annesso capitolato, per l’ammontare di £. 1522,78. Un’altro problema che ha attanagliato sin dalle origini gli abitanti di Pacciano è stato quello dell’alveo Spirito Santo. Da questo lungo letto, insufficiente a tenere le acque correnti provenienti dalle falde del monte Somma, fuoriuscivano impetuose inondazioni che allagavano le strade,i cortili e le case sottoposte alla strada dell’alveo, provocando danni e disagi non indifferenti e gravosi per le condizioni già disagiate della popolazione, la quale era costretta a cercare di murare o per lo meno riparare con fascine e legname vario, gli usci delle loro case, le quali si rendevano per molto tempo inabitabili. Dopo varie vicissitudini, il comune di Pomigliano si rese conto della gravosa situazione, e decise così di attuare dei lavori alla rampa d’accordo dell’alveo spostando verso occidente il suo percorso, evitando così di farlo passare per la borgata Pacciano. Nel 1949 al seguito del traffico delle truppe alleate il Ponte della Croce sull’alveo dello Spirito si rese pericolante, per cui allora sindaco A. Pranzataro chiese la sua messa in efficienza anche a sollievo della disoccupazione, problema sociale anche oggi. “Il Comune pur di vedere realizzata l’opera, ha incluso il rifacimento del ponticello nell’elenco delle opere di interesse comunale”.[16] Fino ad ora ci siamo occupati della storia di Pacciano e per lo svolgimento dell’attività inerente al culto e per le varie decisioni comunali relative al suo sviluppo, tralasciando forse la parte più importante: l’istruzione pubblica. La scuola, con tutte le sue attività, ricopre un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la formazione di ogni fanciullo. Pertanto è nostro dovere parlarne, seguendo, secondo le notizie acquisite la sua evoluzione. In una delibera dell’11 dicembre del 1871 fu proposto di installare” una scuola di 1ª classe mista in Pacciano”. L’esito fu negativo per le seguenti ragioni riportate poi in un’altra seduta consiliare del 29/10/1872:”Il Consiglio à osservato che stante la vicinanza del villaggio suddetto alla Scuola di 1ª e 2ª Elementare esistente al locale S. Rocco, da offrire un mezzo di niuna ritrosia a quegli abitanti di mandarvi i loro figli, non è il caso quindi di aggravare l’azienda Comunale della spesa di una novella Scuola”. In altri termini l’Amministrazione avanzava la scusante della vicinanza (pretesa) di una scuola nei locali S. Rocco, che deve intendersi al limite della Borgata, per denegare l’istituzione di una nuova classe proprio nella Borgata; non tenendo in alcun conto che i fanciulli di Pacciano dovevano attraversare viottoli tortuosi di campagna, che, all’epoca, congiungevano la Borgata con Pomigliano. Viottoli che d’inverno diventavano veri e propri rigagnoli e, per più di un giorno, erano impraticabili per la melma ed il fango. Senza dire che ai lati fioriva una rigogliosa vegetazione di arbusti e di rovi che, per esiguo, se non addirittura inesistenti passaggio di persone e cose, arrivavano addirittura a congiungersi. Sarebbe accorso un coltellaccio per aprirsi un varco. Si dovette attendere la legge del 15/7/1906 n. 383, che all’art. 64 disponeva l’istituzione di classi anche in quelle borgate dove esisteva l’esigenza superandosi il numero 40 alunni, e così, con Delib. del 16711/1906 ne fu decisa l’applicazione avendo allora “la borgata Paciano” raggiunto un numero di abitanti superiore agli ottocento,per cui si doveva opinare l’esistenza di altro che quaranta alunni. Da tener presente che la scuola cominciava a delinearsi come obbligatoria, in quanto prima e questo fino all’inizio del secolo, essa veniva per lo più gestita da privati e pochi frequentavano quella “pubblica”. Negli anni successivi sempre dalle Delibere del Consiglio Comunale 5/12/1908 fu redatta su proposta del R. Provveditore una classifica delle scuole elementari, sia come numero sia come categoria o grado del Comune. Il quadro scolastico pomiglianese si presentava così: “Il Comune nel grado di 3° urbano possiede 8 scuole maschili superiori ed inferiori; 8 scuole femminili superiori ed inferiori; 1 scuola di Stato alla Masseria Guadagni; 1 direttore didattico ed infine 1 scuola mista alla Borgata di Tavernanova, allora facente parte dell’area urbana pomiglianese”. Questo tipo di situazione perdurò circa 51 anni durante i quali la cosiddetta “Borgata Pacciano” si andava sviluppando e crescendo. Se prima questo piccolo villaggio era del tutto informe, adesso invece con le sue case, con le sue processioni di donne, uomini e bambini che vanno e vengono dalla campagna piatta, per viottoli fangosi d’inverno e polverosi d’estate, con le prime automobili guidate dalla nuova borghesia, con le novità che sono venute col passare del tempo e ogni altro “progresso”, andava acquistando un aspetto più da cittadina. Per cui ben presto si sentì l’esigenza di far costruire un edificio scolastico,[17] che sorge proprio di fronte alla nuova chiesa parrocchiale, in via S. Giusto. Per dovere di cronaca la progettazione di tale scuola venne affidata all’ing. E. Giannattasio, il quale fu costretto varie volte a revisionare nei prezzi il suo progetto, perché tutte le gare indette dopo il 1970, anno in cui fu approvato tale progetto con Decreto Provveditorale n. 6431 del 10/3/1970, risultarono o infruttuose o deserte.[18] Il 1969 è stato un anno fondamentalmente decisivo per gli abitanti di Pacciano, soprattutto per i suoi fedeli, perché la chiesa di S. Pietro Apostolo viene elevata a Parrocchia. In alcune lettere del vescovo A. Binni si sottolinea, sia pure con brevi considerazioni, l’opportunità e la necessità di istituire questa nuova Parrocchia. Egli scrive che tra i principali doveri dell’Ufficio Pastorale vi è quello di provvedere che ciascun parroco possa soddisfare agevolmente alle esigenze del culto divino a favore di tutti i fedeli, affidati alle loro cure. Avendo pertanto constatato che “nell’estrema parte della città di Pomigliano d’Arco”, per l’incremento urbano, vi sono fedeli che non possono convenientemente essere assistiti, per la distanza dalla Chiesa Parrocchiale, nei loro bisogni spirituali, stabilisce quindi, di procedere alla istituzione di una nuova Parrocchia con cura d’anime nella chiesa S. Pietro. Ora il sogno degli abitanti di Pacciano si era concretizzato, potevano finalmente sentirsi figli in quanto eredi di quella “grande famiglia” che con tanto amore e semplicità, aveva curato quella piccola cappella sin dagli albori. Il territorio della nuova Parrocchia di S. Pietro era contenuto nei seguenti limiti: dall’angolo di via Naz. delle Puglie con via S. Pietro, e propriamente dai fabbricati di proprietà Esposito che restano nella giurisdizione della Parrocchia di S. Francesco, seguendo a ovest una linea immaginaria fino al limite di confine tra i comuni di Pomigliano d’Arco e S. Anastasia, e comprendente via Capitano, Masseria Palmese, Masseria Tavola, Masseria Guadagni e Masseria Di Marzo, quasi tutte aventi l’accesso da via S. Pietro. Seguendo la linea di confine tra i due Comuni fino alle costruzioni di Ina-Casa da dove con altra linea immaginaria verso Sud si giunge fino alla curva della via S. Rocco, e da questo punto lungo la via S. Rocco fino all’immissione di via Borgo Pacciano comprendente i soli fabbricati sulla sinistra. La continuazione del primo tratto di via S. Rocco come previsto dal piano regolatore, è confine con la Parrocchia S. Felice. Dall’angolo di via S. Rocco con via Borgo Pacciano, tutti i fabbricati sulla sinistra di via Borgo Pacciano fino all’inizio della via S. Pietro.[19]
Finisce così la prima parte della storia di questa Parrocchia, ma presto riprenderà il suo racconto, ché molto c’è ancora da riportare e da far emergere. Ora la nostra piccola Parrocchia imparerà ad essere tale strada facendo…
Lasciamo questo onore ed onere all’attuale parroco don C. Coppola a farne memoria. Un grazie a quanti vorranno posare lo sguardo su queste umilissime pagine.
[1] P. Caiazzo, Pomigliano d’Arco nella sua storia, p. 13.
[2] S. Cantone, Cenni storici di Pomigliano d’Arco. Nola, Tipografia D.co Basilicata & Figli, 1923, p. 110.
[3] Cit., pp. 109-110.
[4] Decurionato dell’Archivio vescovile di Nola 1856 nel giorno 13/06.
[5] Elenco sacerdoti dell’archivio della Curia Vescovile di Nola anno 1856.
[6] Decurionato dell’anno 1857 giorno 24 gennaio ed elenco sacerdoti 1856 dell’archivio della Curia Vescovile.
[7] S. Cantone, Cit., Elenco note dei sindaci e famiglie, p. 122.
[8] Vedi inventario del sac. S. Barretta.
[9] Delibera della G.C. del 21/11/1897.
[10] Il Comune non poteva più sostenere e mantenere tutti gli economi e i cappellani. Vedi Delib. del 23/2/1906.
[11] Delibera della G.C. del 14/9/1934.
[12] Reg. Visite Pastorali dell’Archivio Vescovile del 1940 nel giorno 22/4.
[13] S. Cantone, Cenni storici di Pomigliano d’Arco, pp. 78-79.
[14] Vedi tutta la serie di delibere consiliari dal 20/5/1863 al 6/12/1879.
[15] p. 85.
[16] Delib. della G.C. del 19/9/1949.
[17] Delib. della G.C. del 27/6/1959.
[18] Delib. della G.C. del 3/4/1974.
[19] Reg. Sante Visite dell’Archivio Vescovile del 1969.
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