Il Cammino Neocatecumenale |
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Documenti del Cammino Neocatecumenale
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Udienza del Santo Padre Benedetto XVI - Roma Aula Paolo VI - 20 gennaio 2012
- Decreto approvazione Celebrazioni
- Lettera Cardinal Rylko per Decreto
Udienza del Santo Padre Benedetto XVI - Roma Aula Paolo VI - 17 gennaio 2011
- Approvazione Direttorio Dossier per la conferenza stampa
Indice dello Statuto del Cammino Neocatecumenale ( 13 Giugno 2008 )
- Decreto del Pontificium Consilium Pro Laicis
- Annotazioni canoniche di Mons. Juan Ignacio Arrieta Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi
Indice dello Statuto del Cammino Neocatecumenale ( 28 Giugno 2002 )
- Decreto del Pontificium Consilium Pro Laicis
- Intervento del Cardinale James Francis Stafford - Presidente del Pontificium Consilium Pro Laicis
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KORAZIM - Monte delle Beatitudini:
Omelia di S.S. Giovanni Paolo II durante la Santa Messa per i giovani del 24 Marzo 2000
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Notificazione della Congregazione per il Culto divino e per la Disciplina dei Sacramenti
Sulle celebrazioni nei gruppi del "Cammino Neocatecumenale" 19 Dicembre 1988
Al Venerato Fratello
Monsignor Paul Josef CordesVice Presidente del Pontificio
Consiglio per i Laici
Incaricato "ad personam" per l'Apostolato
delle Comunità Neocatecumenali
Ogniqualvolta lo Spirito Santo fa germinare nella Chiesa impulsi di una maggiore fedeltà al Vangelo, fioriscono nuovi carismi che manifestano tali realtà e nuove istituzioni che le mettono in pratica. È stato così dopo il Concilio di Trento e dopo il Concilio Vaticano II.
Tra le realtà generate dallo Spirito ai nostri giorni figurano le Comunità Neocatecumenali, iniziate dal signor Kiko Argüello e dalla signora Carmen Hernández (Madrid, Spagna), la cui efficacia per il rinnovamento della vita cristiana veniva salutata dal mio predecessore Paolo VI come frutto del Concilio: Quanta gioia e quanta speranza ci date con la vostra presenza e con la vostra attività... Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di "dopo il Battesimo" che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di approfondimento che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al Battesimo (Paolo VI alle Comunità Neocatecumenali, Udienza Generale, 8 maggio 1974, in Notitiae 96-96, 1974, 230).
Anch'io, nei tanti incontri avuti come Vescovo di Roma, nelle parrocchie romane, con le Comunità Neocatecumenali e con i loro Pastori e nei miei viaggi apostolici in molte nazioni, ho potuto constatare copiosi frutti di conversione personale e fecondo impulso missionario.
Tali Comunità rendono visibile, nelle parrocchie, il segno della Chiesa missionaria e si sforzano di aprire la strada all'evangelizzazione di coloro che hanno quasi abbandonato la vita cristiana, offrendo loro un itinerario di tipo catecumenale, che percorre tutte quelle fasi che nella Chiesa primitiva i catecumeni percorrevano prima di ricevere il sacramento del Battesimo; li riavvicina alla Chiesa ed a Cristo (cfr. Catecumenato post-battesimale in Notitiae 96-96, 1974, 229). Sono l'annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni nei gruppi del "Cammino Neocatecumenale" in L'Osservatore Romano, 24 dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del rinnovamento della Chiesa.
Vari fratelli nell'Episcopato hanno riconosciuto i frutti di questo Cammino. Voglio limitarmi a ricordare l'allora Vescovo di Madrid, Mons. Casimiro Morcillo, nella cui diocesi e sotto il cui governo sono nate, nell'anno 1964, le Comunità Neocatecumenali che egli accolse con tanto amore.
Dopo oltre vent'anni di vita delle Comunità diffuse nei cinque continenti,
- tenendo conto della
nuova vitalità che anima le parrocchie, dell'impulso missionario e dei frutti di
conversione che sbocciano dall'impegno degli itineranti e, ultimamente, dall'opera delle
famiglie che evangelizzano in zone scristianizzate d'Europa e del mondo intero;
- in considerazione delle vocazioni, sorte da codesto Cammino, alla vita religiosa e al
presbiterato per la nuova evangelizzazione, quale il Redemptoris Mater di Roma;
- avendo preso visione della documentazione da Lei presentata:
accogliendo la richiesta rivoltami, riconosco il Cammino Neocatecumenale come un
itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni.
Auspico, pertanto, che i Fratelli nell'Episcopato valorizzino e aiutino - insieme con i loro presbiteri - quest'opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori, nello spirito di servizio all'Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto dell'unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale.
In pegno di tale voto, imparto a Lei e a tutti gli appartenenti alle Comunità Neocatecumenali la mia Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, il 30 agosto dell'anno 1990, XII di Pontificato.
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KORAZIM - Monte delle Beatitudini: 24 Marzo 2000: Santa Messa per i giovani
dall'Omelia di SS Giovanni Paolo II
"Considerate la vostra vocazione, fratelli" (1 Cor 1, 26)
1.Oggi queste parole di san Paolo sono rivolte a tutti noi che siamo giunti qui sul Monte delle Beatitudini. Siamo seduti su questa collina come i primi discepoli e ascoltiamo Gesù. In silenzio ascoltiamo la sua voce gentile e pressante, gentile quanto questa terra stessa e pressante quanto l'invito a scegliere fra la vita e la morte.
Quante generazioni prima di noi si sono commosse profondamente udendo il Discorso della Montagna! Quanti giovani nel corso dei secoli si sono riuniti intorno a Gesù per apprendere le parole di vita eterna, proprio come oggi voi siete riuniti qui! Quanti giovani cuori sono stati ispirati dalla forza della sua personalità e dalla avvincente verità del suo avvincente messaggio! È meraviglioso che siate qui!
Grazie, Arcivescovo Boutros Mouallem, per la sua cordiale accoglienza. La prego di trasmettere i miei saluti oranti a tutta la comunità greco-melkita che presiede. Saluto i membri della Comunità Latina, inclusi i fedeli di lingua ebraica, delle Comunità Maronita, Siriana, Armena, Caldea, e tutti i nostri fratelli e sorelle delle altre Chiese Cristiane e Comunità Ecclesiali. Rivolgo una speciale parola di ringraziamento ai nostri amici Musulmani, ai membri di fede Ebraica e alla Comunità Drusa.
Questo grande raduno è come una prova generale per la Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Roma nel mese di agosto! Il giovane che ha parlato ha promesso che verrete! Giovani di Israele, dei Territori Palestinesi, della Giordania e di Cipro, giovani del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia, dell'Europa, dell'America e dell'Oceania! Saluto ognuno di voi con affetto e amore!
2.l primi che udirono le Beatitudini di Gesù serbavano nel cuore il ricordo di un altro monte, il Monte Sinai. Proprio un mese fa, ho avuto la grazia di recarmi là, dove Dio parlò a Mosè e Gli diede la Legge scritta "dal dito di Dio" (Es 31, 18) su tavole di pietra. Questi due monti, il Sinai e il Monte delle Beatitudini, ci offrono la mappa della nostra vita cristiana e una sintesi delle nostre responsabilità verso Dio e verso il prossimo. La Legge e le Beatitudini insieme tracciano il cammino della sequela di Cristo e il sentiero regale verso la maturità e la libertà spirituali.
I Dieci Comandamenti del Sinai possono sembrare negativi: "Non avrai altri dei di fronte a me;... Non uccidere; Non commettere adulterio; Non rubare; Non pronunziare falsa testimonianza..." (Es 20, 3, 13 -16), Essi sono invece sommamente positivi. Andando oltre il male che nominano, indicano il cammino verso la legge d'amore che è il primo e il più grande dei Comandamenti: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22, 37, 39). Gesù stesso afferma di non essere venuto per abolire la Legge, ma per darle compimento (cfr Mt 5, 17). Il suo messaggio è nuovo, ma non distrugge ciò che già esiste. Anzi sviluppa al massimo le sue potenzialità. Gesù insegna che la via dell'amore porta la legge al suo pieno compimento (cfr Gal 5, 14). Ed ha insegnato questa verità importantissima su questa collina, qui in Galilea.
3."Beati voi", dice "Beati i poveri in spirito, i miti e i misericordiosi, gli afflitti, coloro che hanno fame e sete della giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati! Beati voi!". Le parole di Gesù possono sembrare strane. È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro: "Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!". Dette da lui che è "mite e umile di cuore" (Mt 11, 29), queste parole lanciano una sfida che richiede una metanoia profonda e costante dello spirito, una grande trasformazione del cuore.
Voi giovani comprenderete il motivo per cui è necessario questo cambiamento del cuore! Siete infatti consapevoli di un'altra voce dentro di voi e intorno a voi, una voce contraddittoria. È una voce che dice: "Beati i superbi e i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non hanno scrupoli, che sono senza pietà, disonesti, che fanno la guerra invece della pace e perseguitano quanti sono di ostacolo sul loro cammino". Questa voce sembra avere senso in un mondo in cui i violenti spesso trionfano e pare che i disonesti abbiano successo. "Sì" dice la voce del male "sono questi a vincere. Beati loro!"
4.Gesù offre un messaggio molto diverso. Non lontano da qui egli chiamò i suoi primi discepoli, così come chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta fra le due voci in competizione per conquistare il vostro cuore, anche ora, qui sulla collina, la scelta fra il bene e il male, fra la vita e la morte. Quale voce sceglieranno di seguire i giovani del XXI secolo? Riporre la vostra fiducia in Gesù significa scegliere di credere in ciò che dice, indipendentemente da quanto ciò possa sembrare strano, e scegliere di non cedere alle lusinghe del male, per quanto attraenti possano sembrare.
Dopo tutto, Gesù non solo proclama le Beatitudini. Egli vive le Beatitudini. Egli è le Beatitudini. Guardandolo, vedrete cosa significa essere poveri in spirito, miti e misericordiosi, afflitti, avere fame e sete della giustizia, essere puri di cuore, operatori di pace, perseguitati. Per questo motivo ha il diritto di affermare "Venite, seguitemi!". Non dice semplicemente, "Fate ciò che dico". Egli dice "Venite, seguitemi!".
Voi ascoltate la sua voce su questa collina e credete a ciò che dice. Tuttavia, come i primi discepoli sul mare di Galilea, dovete abbandonare le vostre barche e le vostre reti e questo non è mai facile, in particolare quando dovete affrontare un futuro incerto e siete tentati di perdere la fiducia nella vostra eredità cristiana. Essere buoni Cristiani può sembrare un'impresa superiore alle vostre forze nel mondo di oggi. Tuttavia Gesù non resta a guardare e non vi lascia soli ad affrontare tale sfida. È sempre con voi per trasformare la vostra debolezza in forza. CredeteGli quando vi dice: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" (2 Cor 12, 9)!
5.I discepoli trascorsero del tempo con il Signore. Giunsero a conoscerlo e ad amarlo profondamente. Scoprirono il significato di quanto l'Apostolo Pietro disse una volta a Gesù: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68). Scoprirono che le parole di vita eterna sono le parole del Sinai e le parole delle Beatitudini. Questo è il messaggio che diffusero ovunque.
Al momento della sua Ascensione, Gesù affidò ai suoi discepoli una missione e questa rassicurazione: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18-20). Da duemila anni i seguaci di Cristo svolgono questa missione. Ora, all'alba del terzo millennio, tocca a voi. Tocca a voi andare nel mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini. Quando Dio parla, parla di cose che hanno la più grande importanza per ogni persona, per le persone del XXI secolo non meno che per quelle del primo secolo. I Dieci Comandamenti e le Beatitudini parlano di verità e di bontà, di grazia e di libertà, di quanto è necessario per entrare nel Regno di Cristo. Ora tocca a voi essere coraggiosi apostoli di quel Regno!
Giovani della Terra Santa, giovani del mondo, rispondete al Signore con un cuore aperto e volenteroso! Volenteroso e aperto come il cuore della figlia più grande di Galilea, Maria, la Madre di Gesù. Come rispose? Disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).
O Signore Gesù Cristo, in questo luogo che hai conosciuto e che hai tanto amato, ascolta questi giovani cuori generosi! Continua a insegnare a questi giovani la verità dei Comandamenti e delle Beatitudini! Rendili gioiosi testimoni della tua verità e apostoli convinti del tuo Regno! Sii con loro sempre, in particolare quando seguire te e il Vangelo diviene difficile e arduo! Sarai tu la loro forza, sarai tu la loro vittoria!
O Signore Gesù, hai fatto di questi giovani degli amici tuoi: tienili per sempre vicino a te!
Amen!
(testo originale: inglese)
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" Notificazione della Congregazioneper il Culto divino e per la Disciplina dei Sacramenti sulle celebrazioni nei gruppi del "Cammino Neocatecumenale"
La Congregazione per il Culto divino e per la Disciplina dei Sacramenti ha ricevuto spesso domande, anche da parte di Vescovi, circa la celebrazione dell'Eucaristia nei gruppi del cosiddetto "cammino neo-catecumenale". Riguardo a ciò, e senza pregiudicare ulteriori interventi, questo Dicastero dichiara quanto segue:
1. Le celebrazioni di gruppi particolari riuniti per una specifica formazione loro propria sono previste nelle Istruzioni "Eucharisticum mysterium", del 25 maggio 1967, nn. 27 e 30 (AAS 59, 1967, 556-557) e "Actio pastoralis", del 15 maggio 1969 (AAS 61, 1969, 806-811).
2. La Congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dalla Istruzione "Actio pastoralis", n. 6-11, i gruppi del menzionato "cammino" possano ricevere la comunione sotto le due specie, sempre con pane azzimo, e spostare, "ad experimentum", il rito della pace dopo la preghiera universale.
3. L'Ordinario del luogo dovrà essere informato abitualmente, o "ad casum", del posto e del tempo in cui tali celebrazioni si svolgeranno; esse non potranno essere fatte senza sua autorizzazione.
In occasione di questa dichiarazione, la Congregazione ribadisce quanto è detto nelle Istruzioni sopra citate, e specialmente la seguente raccomandazione:
"Si esortano vivamente i pastori d'anime a voler considerare ed approfondire il valore spirituale e formativo di queste celebrazioni. Esse ottengono il loro scopo solo se conducono i partecipanti a una maggiore consapevolezza del mistero cristiano, all'incremento del culto divino, all'inserimento nella compagine della comunità ecclesiale, e all'esercizio fecondo dell'apostolato e della carità verso i fratelli" (Actio pastoralis).
Dalla sede della Congregazione per il Culto divino e per la Disciplina dei Sacramenti, 19 dicembre 1988
EDUARDO Card. MARTINEZ SOMALO Prefetto
+ VIRGILIO NOE' Arciv. tit. di Voncaria Segretario
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GIUBILEO DEI CATECHISTI E DEI DOCENTI DI RELIGIONE
INTERVENTO DEL CARDINALE JOSEPH RATZINGER
DURANTE IL CONVEGNO DEI CATECHISTI
E DEI DOCENTI DI RELIGIONE
Domenica, 10 Dicembre 2000
La vita
umana non si realizza da sé. La nostra vita è una questione aperta, un
progetto incompleto ancora da completare e da realizzare. La domanda
fondamentale di ogni uomo è: come si realizza questo - diventare uomo?
Come si impara l'arte di vivere? Quale è la strada alla felicità?
Evangelizzare vuol dire: mostrare questa strada - insegnare l'arte di
vivere. Gesù dice nell'inizio della sua vita pubblica: Sono venuto per
evangelizzare i poveri (Lc 4, 18); questo vuol dire: Io ho la risposta
alla vostra domanda fondamentale; io vi mostro la strada della vita, la strada
alla felicità - anzi: io sono questa strada. La povertà più profonda è
l'incapacità di gioia, il tedio della vita considerata assurda e
contraddittoria. Questa povertà è oggi molto diffusa, in forme ben diverse sia
nelle società materialmente ricche sia anche nei paesi poveri. L'incapacità di
gioia suppone e produce l'incapacità di amare, produce l'invidia, l'avarizia -
tutti i vizi che devastano la vita dei singoli e il mondo. Perciò abbiamo
bisogno di una nuova evangelizzazione - se l'arte di vivere rimane sconosciuta,
tutto il resto non funziona più. Ma questa arte non è oggetto della scienza -
questa arte la può comunicare solo chi ha la vita - colui che è il Vangelo in
persona.
I. Struttura e metodo nella nuova evangelizzazione
1. La struttura
Prima di parlare dei contenuti fondamentali della nuova evangelizzazione vorrei dire una parola sulla sua struttura e sul metodo adeguato. La Chiesa evangelizza sempre e non ha mai interrotto il cammino dell'evangelizzazione. Celebra ogni giorno il mistero eucaristico, amministra i sacramenti, annuncia la parola della vita - la parola di Dio, s'impegna per la giustizia e la carità. E questa evangelizzazione porta frutto: dà luce e gioia, dà il cammino della vita a tante persone; molti altri vivono, spesso senza saperlo, della luce e del calore risplendente da questa evangelizzazione permanente. Tuttavia osserviamo un processo progressivo di scristianizzazione e di perdita dei valori umani essenziali che è preoccupante. Gran parte dell'umanità di oggi non trova nell'evangelizzazione permanente della Chiesa il Vangelo, cioè la risposta convincente alla domanda: Come vivere?
Perciò cerchiamo, oltre l'evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrompere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel mondo, che non trova accesso all'evangelizzazione "classica". Tutti hanno bisogno del Vangelo; il Vangelo è destinato a tutti e non solo a un cerchio determinato e perciò siamo obbligati a cercare nuove vie per portare il Vangelo a tutti.
Però qui si nasconde anche una tentazione - la tentazione dell'impazienza, la tentazione di cercare subito il grande successo, di cercare i grandi numeri. E questo non è il metodo di Dio. Per il regno di Dio e così per l'evangelizzazione, strumento e veicolo del regno di Dio, vale sempre la parabola del grano di senape (cfr Mc 4, 31-32). Il Regno di Dio ricomincia sempre di nuovo sotto questo segno. Nuova evangelizzazione non può voler dire: Attirare subito con nuovi metodi più raffinati le grandi masse allontanatesi dalla Chiesa. No - non è questa la promessa della nuova evangelizzazione. Nuova evangelizzazione vuol dire: Non accontentarsi del fatto, che dal grano di senape è cresciuto il grande albero della Chiesa universale, non pensare che basti il fatto che nei suoi rami diversissimi uccelli possono trovare posto - ma osare di nuovo con l'umiltà del piccolo granello lasciando a Dio, quando e come crescerà (Mc 4, 26-29). Le grandi cose cominciano sempre dal granello piccolo ed i movimenti di massa sono sempre effimeri. Nella sua visione del processo dell'evoluzione Teilhard de Chardin parla del "bianco delle origini" (le blanc des origines): L'inizio delle nuove specie è invisibile ed introvabile per la ricerca scientifica. Le fonti sono nascoste - troppo piccole. Con altre parole: Le realtà grandi cominciano in umiltà. Lasciamo da parte, se e fino a che punto Teilhard ha ragione con le sue teorie evoluzioniste; la legge delle origini invisibili dice una verità - una verità presente proprio nell'agire di Dio nella storia: "Non perché sei grande ti ho eletto, al contrario - sei il più piccolo dei popoli; ti ho eletto, perché ti amo..." dice Dio al popolo di Israele nell'Antico Testamento ed esprime così il paradosso fondamentale della storia della salvezza: Certo, Dio non conta con i grandi numeri; il potere esteriore non è il segno della sua presenza. Gran parte delle parabole di Gesù indicano questa struttura dell'agire divino e rispondono così alle preoccupazioni dei discepoli, i quali si aspettavano ben altri successi e segni dal Messia - successi del tipo offerto da Satana al Signore: Tutto questo - tutti i regni del mondo - ti do... (Mt 4, 9). Certo, Paolo alla fine della sua vita ha avuto l'impressione di aver portato il Vangelo ai confini della terra, ma i cristiani erano piccole comunità disperse nel mondo, insignificanti secondo i criteri secolari. In realtà furono il germe che penetra dall'interno la pasta e portarono in sé il futuro del mondo (cfr Mt 13, 33). Un vecchio proverbio dice: "Successo non è un nome di Dio". La nuova evangelizzazione deve sottomettersi al mistero del grano di senape e non pretendere di produrre subito il grande albero. Noi o viviamo troppo nella sicurezza del grande albero già esistente o nell'impazienza di avere un albero più grande, più vitale - dobbiamo invece accettare il mistero che la Chiesa è nello stesso tempo grande albero e piccolissimo grano. Nella storia della salvezza è sempre contemporaneamente Venerdì Santo e Domenica di Pasqua...
2. Il metodo
Da questa struttura della nuova evangelizzazione deriva anche il metodo giusto. Certo, dobbiamo usare in modo ragionevole i metodi moderni di farci ascoltare - o meglio: di rendere accessibile e comprensibile la voce del Signore... Non cerchiamo ascolto per noi - non vogliamo aumentare il potere e l'estensione delle nostre istituzioni, ma vogliamo servire al bene delle persone e dell'umanità dando spazio a Colui, che è la Vita. Questa espropriazione del proprio io offrendolo a Cristo per la salvezza degli uomini, è la condizione fondamentale del vero impegno per il Vangelo.
"Io sono venuto nel nome del Padre mio, e non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste" dice il Signore (Gv 5, 43). Il contrassegno dell'Anticristo è il suo parlare nel proprio nome. Il segno del Figlio è la sua comunione col Padre. Il Figlio ci introduce nella comunione trinitaria, nel circolo dell'eterno amore, le cui persone sono "relazioni pure", l'atto puro del donarsi e dell'accogliersi. Il disegno trinitario - visibile nel Figlio, che non parla nel nome suo - mostra la forma di vita del vero evangelizzatore - anzi, evangelizzare non è semplicemente una forma di parlare, ma una forma di vivere: vivere nell'ascolto e farsi voce del Padre. "Non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito" dice il Signore sullo Spirito Santo (Gv 16, 13). Questa forma cristologica e pneumatologica dell'evangelizzazione è nello stesso tempo una forma ecclesiologica: Il Signore e lo Spirito costruiscono la Chiesa, si comunicano nella Chiesa. L'annuncio di Cristo, l'annuncio del Regno di Dio suppone l'ascolto della sua voce nella voce della Chiesa. "Non parlare nel nome proprio" significa: parlare nella missione della Chiesa...
Da questa legge dell'espropriazione seguono conseguenze molto pratiche. Tutti i metodi ragionevoli e moralmente accettabili sono da studiare - è un dovere far uso di queste possibilità di comunicazione. Ma le parole e tutta l'arte della comunicazione non possono guadagnare la persona umana in quella profondità, alla quale deve arrivare il Vangelo. Pochi anni fa leggevo la biografia di un ottimo sacerdote del nostro secolo, Don Didimo, parroco di Bassano del Grappa. Nelle sue note si trovano parole d'oro, frutto di una vita di preghiera e di meditazione. Al nostro proposito dice Don Didimo, per esempio: "Gesù predicava nel giorno, di notte pregava". Con questa breve notizia voleva dire: Gesù doveva acquistare da Dio i discepoli. Lo stesso vale sempre. Non possiamo guadagnare noi gli uomini. Dobbiamo ottenerli da Dio per Dio. Tutti i metodi sono vuoti senza il fondamento della preghiera. La parola dell'annuncio deve sempre bagnare in una intensa vita di preghiera.
Dobbiamo aggiungere un passo ulteriore. Gesù predicava di giorno, di notte pregava - questo non è tutto. La sua intera vita fu - come lo mostra in modo molto bello il Vangelo di s. Luca - un cammino verso la croce, ascensione verso Gerusalemme. Gesù non ha redento il mondo tramite parole belle, ma con la sua sofferenza e la sua morte. Questa sua passione è la fonte inesauribile di vita per il mondo; la passione dà forza alla sua parola.
Il Signore stesso - estendendo ed ampliando la parabola del grano di senape - ha formulato questa legge di fecondità nella parola del chicco di grano che muore, caduto in terra (Gv 12, 24). Anche questa legge è valida fino alla fine del mondo ed è - insieme col mistero del grano di senape - fondamentale per la nuova evangelizzazione. Tutta la storia lo dimostra. Sarebbe facile dimostrarlo nella storia del cristianesimo. Vorrei ricordare qui soltanto l'inizio dell'evangelizzazione nella vita di s. Paolo. Il successo della sua missione non fu frutto di una grande arte retorica o di prudenza pastorale; la fecondità fu legata alla sofferenza, alla comunione nella passione con Cristo (cfr 1 Cor 2, 1-5; 2 Cor 5, 7; 11, 10s; 11, 30; Gal 4, 12-14). "Nessun segno sarà dato, se non il segno di Giona profeta" ha detto il Signore. Il segno di Giona è il Cristo crocifisso - sono i testimoni, che completano "quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1, 24). In tutti i periodi della storia si è sempre di nuovo verificata la parola di Tertulliano: È un seme il sangue dei martiri.
Sant'Agostino dice lo stesso in modo molto bello, interpretando Gv 21, dove la profezia del martirio di Pietro e il mandato di pascere, cioè l'istituzione del suo primato sono intimamente connessi. Sant'Agostino commenta il testo Gv 21, 16 nel modo seguente: "Pasci le mie pecorelle", cioè soffri per le mie pecorelle (Sermo Guelf. 32 PLS 2, 640). Una madre non può dar la vita a un bambino senza sofferenza. Ogni parto esige sofferenza, è sofferenza, ed il divenire cristiano è un parto. Diciamolo ancora una volta con parole del Signore: Il regno di Dio esige violenza (Mt 11, 12; Lc 16, 16), ma la violenza di Dio è la sofferenza, è la croce. Non possiamo dare vita ad altri, senza dare la nostra vita. Il processo di espropriazione sopra indicato è la forma concreta (espressa in tante forme diverse) di dare la propria vita. E pensiamo alla parola del Salvatore: "...chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà..." (Mc 8, 36).
II. I contenuti essenziali della nuova evangelizzazione
1. Conversione
Quanto ai contenuti della nuova evangelizzazione è innanzitutto da tener presente l'inscindibilità dell'Antico e del Nuovo Testamento. Il contenuto fondamentale dell'Antico Testamento è riassunto nel messaggio di Giovanni Battista: Convertitevi! Non c'è accesso a Gesù senza il Battista; non c'è possibilità di arrivare a Gesù senza risposta all'appello del precursore, anzi: Gesù ha assunto il messaggio di Giovanni nella sintesi della sua propria predicazione: Convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1, 15). La parola greca per convertirsi significa: ripensare - mettere in questione il proprio ed il comune modo di vivere; lasciar entrare Dio nei criteri della propria vita; non giudicare più semplicemente secondo le opinioni correnti. Convertirsi significa di conseguenza: non vivere come vivono tutti, non fare come fanno tutti, non sentirsi giustificati in azioni dubbiose, ambigue, malvagie dal fatto che altri fanno lo stesso; cominciare a vedere la propria vita con gli occhi di Dio; cercare quindi il bene, anche se è scomodo; non puntare sul giudizio dei molti, degli uomini, ma sul giudizio di Dio - con altre parole: cercare un nuovo stile di vita, una vita nuova. Tutto questo non implica un moralismo; la riduzione del cristianesimo alla moralità perde di vista l'essenza del messaggio di Cristo: il dono di una nuova amicizia, il dono della comunione con Gesù e quindi con Dio. Chi si converte a Cristo non intende crearsi una autarchia morale sua, non pretende di costruire con le proprie forze la sua propria bontà. "Conversione" (Metanoia) significa proprio il contrario: uscire dall'autosufficienza, scoprire ed accettare la propria indigenza - indigenza degli altri e dell'Altro, del suo perdono, della sua amicizia. La vita non convertita è autogiustificazione (io non sono peggiore degli altri); la conversione è l'umiltà dell'affidarsi all'amore dell'Altro, amore che diventa misura e criterio della mia propria vita.
Qui dobbiamo tener presente anche l'aspetto sociale della conversione. Certo, la conversione è innanzitutto un atto personalissimo, è personalizzazione. Io mi separo dalla formula "vivere come tutti" (non mi sento più giustificato dal fatto che tutti fanno quanto faccio io) e trovo davanti a Dio il mio proprio io, la mia responsabilità personale. Ma la vera personalizzazione è sempre anche una nuova e più profonda socializzazione. L'io si apre di nuovo al tu, in tutta la sua profondità, e così nasce un nuovo Noi. Se lo stile di vita diffuso nel mondo implica il pericolo della de-personalizzazione, del vivere non la mia propria vita, ma la vita di tutti gli altri, nella conversione deve realizzarsi un nuovo Noi del cammino comune con Dio. Annunciando la conversione dobbiamo anche offrire una comunità di vita, uno spazio comune del nuovo stile di vita.
Evangelizzare non si può con sole parole; il vangelo crea vita, crea comunità di cammino; una conversione puramente individuale non ha consistenza...
2. Il Regno di Dio
Nella chiamata alla conversione è implicito - come sua condizione fondamentale - l'annuncio del Dio vivente. Il teocentrismo è fondamentale nel messaggio di Gesù e dev'essere anche il cuore della nuova evangelizzazione. La parola-chiave dell'annuncio di Gesù è: Regno di Dio. Ma Regno di Dio non è una cosa, una struttura sociale o politica, un'utopia. Il Regno di Dio è Dio. Regno di Dio vuol dire: Dio c'è. Dio vive. Dio è presente e agisce nel mondo, nella nostra - nella mia vita. Dio non è una lontana "causa ultima", Dio non è il "grande architetto" del deismo, che ha montato la macchina del mondo e starebbe adesso fuori - al contrario: Dio è la realtà più presente e decisiva in ogni atto della mia vita, in ogni momento della storia. Nella sua conferenza di congedo dalla sua cattedra nell'università di Münster il teologo J.B. Metz ha detto delle cose inaspettate dalla sua bocca. Metz in passato ci aveva insegnato l'antropocentrismo - il vero avvenimento del cristianesimo sarebbe stata la svolta antropologica, la secolarizzazione, la scoperta della secolarità del mondo. Poi ci ha insegnato la teologia politica - il carattere politico della fede; poi la "memoria pericolosa"; finalmente la teologia narrativa. Dopo questo cammino lungo e difficile ci dice oggi: Il vero problema del nostro tempo è la "Crisi di Dio", l'assenza di Dio, camuffata da una religiosità vuota. La teologia deve ritornare ad essere realmente teo-logia, un parlare di Dio e con Dio. Metz ha ragione: L'"unum necessarium" per l'uomo è Dio. Tutto cambia, se Dio c'è o se Dio non c'è. Purtroppo - anche noi cristiani viviamo spesso come se Dio non esistesse ("si Deus non daretur"). Viviamo secondo lo slogan: Dio non c'è, e se c'è, non c'entra. Perciò l'evangelizzazione deve innanzitutto parlare di Dio, annunciare l'unico Dio vero: il Creatore - il Santificatore - il Giudice (cfr il Catechismo della Chiesa cattolica).
Anche qui è da tener presente l'aspetto pratico. Dio non si può far conoscere con le sole parole. Non si conosce una persona, se si sa di questa persona solo di seconda mano. Annunciare Dio è introdurre nella relazione con Dio: Insegnare a pregare. La preghiera è fede in atto. E solo nell'esperienza della vita con Dio appare anche l'evidenza della sua esistenza. Perciò sono così importanti le scuole di preghiera, di comunità di preghiera. C'è complementarità tra preghiera personale ("nella propria camera", solo davanti agli occhi di Dio), preghiera comune "paraliturgica" ("religiosità popolare") e preghiera liturgica. Sì, la liturgia è innanzitutto preghiera; la sua specificità consiste nel fatto che il suo soggetto primario non siamo noi (come nella preghiera privata e nella religiosità popolare), ma Dio stesso - la liturgia è actio divina, Dio agisce e noi rispondiamo all'azione divina.
Parlare di Dio e parlare con Dio devono sempre andare insieme. L'annuncio di Dio è guida alla comunione con Dio nella comunione fraterna, fondata e vivificata da Cristo. Perciò la liturgia (i sacramenti) non è un tema accanto alla predicazione del Dio vivente, ma la concretizzazione della nostra relazione con Dio. In questo contesto mi sia permessa una osservazione generale sulla questione liturgica. Il nostro modo di celebrare la liturgia è spesso troppo razionalista. La liturgia diventa insegnamento, il cui criterio è: farsi capire - la conseguenza è non di rado la banalizzazione del mistero, la prevalenza delle nostre parole, la ripetizione delle fraseologie che sembrano più accessibili e più gradevoli per la gente. Ma questo è un errore non soltanto teologico, ma anche psicologico e pastorale. L'onda dell'esoterismo, la diffusione di tecniche asiatiche di distensione e di auto-svuotamento mostrano che nelle nostre liturgie manca qualcosa. Proprio nel nostro mondo di oggi abbiamo bisogno del silenzio, del mistero sopra-individuale, della bellezza. La liturgia non è l'invenzione del sacerdote celebrante o di un gruppo di specialisti; la liturgia (il "rito") è cresciuta in un processo organico nei secoli, porta in sé il frutto dell'esperienza di fede di tutte le generazioni.
Anche se i partecipanti non capiscono forse tutte le singole parole, percepiscono il significato profondo, la presenza del mistero, che trascende tutte le parole. Non il celebrante è il centro dell'azione liturgica; il celebrante non sta davanti al popolo nel nome proprio - non parla da sé e per sé, ma "in persona Cristi". Non contano le capacità personali del celebrante, ma solo la sua fede, nella quale si fa trasparente Cristo. "Egli deve crescere, e io invece diminuire" (Gv 3, 30).
3. Gesù Cristo
Con questa riflessione il tema Dio si è già esteso e concretizzato nel tema Gesù Cristo: Solo in Cristo e tramite Cristo il tema Dio diventa realmente concreto: Cristo è Emanuele, il Dio-con-noi - la concretizzazione dell'"Io sono", la risposta al Deismo. Oggi la tentazione è grande di ridurre Gesù Cristo, il figlio di Dio solo a un Gesù storico, a un uomo puro. Non si nega necessariamente la divinità di Gesù, ma con certi metodi si distilla dalla Bibbia un Gesù a nostra misura, un Gesù possibile e comprensibile nei parametri della nostra storiografia. Ma questo "Gesù storico" è un artefatto, l'immagine dei suoi autori e non l'immagine del Dio vivente (cfr 2 Cor 4, 4s; Col 1, 15).
Non il Cristo della fede è un mito; il cosiddetto Gesù storico è una figura mitologica, auto-inventata dai diversi interpreti. I duecento anni di storia del "Gesù storico" riflettono fedelmente la storia delle filosofie e delle ideologie di questo periodo.
Non posso nei limiti di questa conferenza entrare nei contenuti dell'annuncio del Salvatore. Vorrei brevemente accennare a due aspetti importanti. Il primo è la sequela di Cristo - Cristo si offre come strada della mia vita. Sequela di Cristo non significa: imitare l'uomo Gesù. Un tale tentativo fallisce necessariamente - sarebbe un'anacronismo. La sequela di Cristo ha una meta molto più alta: assimilarsi a Cristo, e cioè arrivare all'unione con Dio. Una tale parola suona forse strana nell'orecchio dell'uomo moderno. Ma in realtà abbiamo tutti la sete dell'infinito: di una libertà infinita, di una felicità senza limite. Tutta la storia delle rivoluzioni degli ultimi due secoli si spiega solo così. La droga si spiega solo così. L'uomo non si accontenta di soluzioni sotto il livello della divinizzazione. Ma tutte le strade offerte dal "serpente" (Gen 3, 5), cioè dalla sapienza mondana, falliscono. L'unica strada è la comunione con Cristo, realizzabile nella vita sacramentale. Sequela di Cristo non è un argomento di moralità, ma un tema "misterico" - un insieme di azione divina e di risposta nostra.
Così troviamo presente nel tema sequela l'altro centro della cristologia, al quale volevo accennare: il mistero pasquale - la croce e la risurrezione. Nelle ricostruzioni del "Gesù storico" di solito il tema della croce è senza significato. In una interpretazione "borghese" diventa un incidente di per sé evitabile, senza valore teologico; in una interpretazione rivoluzionaria diventa la morte eroica di un ribelle. La verità è diversa. La croce appartiene al mistero divino - è espressione del suo amore fino alla fine (Gv 13, 1). La sequela di Cristo è partecipazione alla sua croce, unirsi al suo amore, alla trasformazione della nostra vita, che diventa nascita dell'uomo nuovo, creato secondo Dio (cfr Ef 4, 24). Chi omette la croce, omette l'essenza del cristianesimo (cfr 1 Cor 2, 2).
4. La vita eterna
Un ultimo elemento centrale di ogni vera evangelizzazione è la vita eterna. Oggi dobbiamo con nuova forza nella vita quotidiana annunciare la nostra fede. Vorrei accennare qui soltanto ad un aspetto oggi spesso trascurato della predicazione di Gesù: L'annuncio del Regno di Dio è annuncio del Dio presente, del Dio che ci conosce, ci ascolta; del Dio che entra nella storia, per fare giustizia.
Questa predicazione è perciò anche annuncio del giudizio, annuncio della nostra responsabilità. L'uomo non può fare o non fare ciò che vuole. Egli sarà giudicato. Egli deve rendere conto. Questa certezza ha valore per i potenti così come per i semplici. Ove essa è onorata, sono tracciati i limiti di ogni potere di questo mondo. Dio fa giustizia, e solo lui può ultimamente farlo. A noi ciò riuscirà tanto più, quanto più saremo in grado di vivere sotto gli occhi di Dio e di comunicare al mondo la verità del giudizio. Così l'articolo di fede del giudizio, la sua forza di formazione delle coscienze, è un contenuto centrale del Vangelo ed è veramente una buona novella. Lo è per tutti coloro che soffrono sotto l'ingiustizia del mondo e cercano la giustizia. Si comprende così anche la connessione fra il Regno di Dio e i "poveri", i sofferenti e tutti coloro di cui parlano le beatitudini del discorso della montagna. Essi sono protetti dalla certezza del giudizio, dalla certezza, che c'è giustizia.
Questo è il vero contenuto dell'articolo sul giudizio, su Dio giudice: C'è giustizia. Le ingiustizie del mondo non sono l'ultima parola della storia. C'è giustizia. Solo chi non vuole, che sia giustizia, può opporsi a questa verità. Se prendiamo sul serio il giudizio e la serietà della responsabilità che per noi ne scaturisce, comprendiamo bene l'altro aspetto di questo annuncio, cioè la redenzione, il fatto che Gesù nella croce assume i nostri peccati; che Dio stesso nella passione del Figlio si fa avvocato di noi peccatori, e rende così possibile la penitenza, la speranza al peccatore pentito, speranza espressa in modo meraviglioso nella parola di s. Giovanni: Davanti a Dio, rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. "Dio è più grande del nostro cuore e conosce tutto" (1 Giov 3, 19s). La bontà di Dio è infinita, ma non dobbiamo ridurre questa bontà ad una leziosa sdolcinatura senza verità. Solo credendo al giusto giudizio di Dio, solo avendo fame e sete della giustizia (cfr Mt 5, 6) apriamo il nostro cuore, la nostra vita alla misericordia divina. Si vede: Non è vero che la fede nella vita eterna rende insignificante la vita terrestre. Al contrario: Solo se la misura della nostra vita è l'eternità, anche questa vita sulla nostra terra è grande e il suo valore immenso.
Dio non è il concorrente della nostra vita, ma il garante della nostra grandezza. Così ritorniamo al nostro punto di partenza: Dio. Se consideriamo bene il messaggio cristiano, non parliamo di un sacco di cose. Il messaggio cristiano è in realtà molto semplice. Parliamo di Dio e dell'uomo, e così diciamo tutto.
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1. Sono passati ormai quattro anni da quel memorabile 24 gennaio 1997, nel quale ebbi modo d’incontrare gli Iniziatori del Cammino neocatecumenale e, con loro, i numerosi responsabili delle comunità del Cammino sparse nel mondo. In quella circostanza, unendomi alla loro preghiera di lode e di ringraziamento al Signore per i frutti preziosi portati dal cammino in trent’anni di vita, non mancai di sottolineare l’importanza di alcuni adempimenti ineludibili, dai quali dipende l’esistenza stessa del Cammino. Tra questi, la stesura di una precisa normativa statutaria in vista di un suo formale riconoscimento giuridico (cfr <<L’Osservatore Romano>>, 25 gennaio 1997, p. 4). Si apriva così una fase nuova, decisiva per l’avvenire di questa realtà ecclesiale.
2. Già nell’Esortazione Apostolica Christifideles laici (30 dicembre 1988) ricordavo che <<nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa>> (n. 24), e rimandavo a quanto è scritto al riguardo nella Costituzione dogmantica Lumen gentium: <<Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr 1 Tess 5,12. 19-21)>> (n. 12). E’ a questa condizione, infatti, che i carismi, nella loro diversità e complementarietà, possono cooperare al bene comune (cfr Christifideles laici, 24).
Non è, dunque, un processo facile quello del riconoscimento e dell’accoglienza dei carismi. Esso richiede un discernimento profondo della volontà di Dio e deve essere accompagnato dalla preghiera costante, perché i cuori si aprono docilmente alla voce dello Spirito nella comunione ecclesiale. Culmine di questo processo è l’atto ufficiale del riconoscimento e dell’approvazione degli statuti come chiara e sicura regola di vita, un momento che le realtà ecclesiali interessate vivono sempre con grande gioia e con viva gratitudine nei confronti di Dio e nei confronti della Chiesa. Nuovo punto di partenza, esso è infatti segno visibile di una identità ecclesiale matura (cfr Christifideles laici , 30).
3. So con quanto zelo e sollecitudine pastorale il Pontificio Consiglio per i Laici si è adoperato e si adopera per accompagnare il Cammino neocatecumenale in questa tappa determinante della propria vita, l’elaborazione degli statuti. Ho affidato questo compito delicato, Signor Cardinale, a codesto Pontificio Consiglio per i Laici, a motivo dell’autorità che gli compete, in base alle norme canoniche vigenti, come anche per la singolare esperienza che esso ha nella materia. Proprio in questo si fonda la speranza di un felice esito del procedimento, ormai avviato verso la fase conclusiva.
Mentre esprimo al Pontificio Consiglio per i Laici il mio vivo apprezzamento e la mio riconoscenza per la serietà e il rigore posti nell’adempimento del compito assegnatogli, confermo la sua competenza nell’approvazione dei suddetti statuti, una volta che essi saranno debitamente redatti, e lo incarico di continuare ad accompagnare il Cammino anche in futuro. Sono certo che, nell’adempimento di questo suo mandato, il Pontificio Consiglio per i Laici potrà contare sulla collaborazione e sullo spirito di filiale docilità del Cammino neocatecumenale.
Nell’affidare la Signore, per l’intercessione di Maria Madre della Chiesa, l’attività del Dicastero che Ella presiede, imparto di cuore a Lei, venerato Fratello, come ai Suoi Collaboratori e Collaboratrici, la mia affettuosa Benedizione.
Dal Vaticano, 5 Aprile 2001
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NEOCATECUMENALE
ROMA – 29 Giugno 2002
Solennità dei Santi Pietro e Paolo.
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SOMMARIO
Titolo I: Natura e attuazione del Cammino Neocatecumenale
Art. 1: Natura del Cammino Neocatecumenale
Art. 2: Attuazione del Cammino Neocatecumenale
Art. 3: Compiti dell’Équipe Responsabile internazionale
del Cammino
Art. 4: Beni temporali
Titolo II: Il Neocatecumenato o catecumenato post-battesimale
Capitolo I: Elementi fondamentali del Neocatecumenato
Art. 5: Destinatari
Art. 6: Il Neocatecumenato si attua nella parrocchia
Art. 7: Il Neocatecumenato si attua in piccola comunità
Art. 8: Catechesi iniziali, itinerario Neocatecumenale,
"tripode" ed équipe di catechisti
Capitolo II: Catechesi iniziali
Art. 9: Kerigma e celebrazioni
Art. 10: Nascita delle comunità neocatecumenali
Capitolo III: Parola, Liturgia e Comunità
Sezione 1: Parola di Dio
Art. 11: Celebrazione settimanale della Parola
Sezione 2: Liturgia
Art. 12: Veglia pasquale
Art. 13: Eucaristia
Art. 14: Penitenza, preghiera, anno liturgico, pratiche
di pietà
Sezione 3: Comunità
Art. 15: Dimensione comunitaria e convivenza
Art. 16: L’esperienza della koinonia e i frutti della comunità
Art. 17: Iniziazione alla missione
Art. 18: Iniziazione vocazionale
Capitolo IV: L’itinerario neocatecumenale: fasi, tappe e passaggi
Art. 19: 1ª fase: precatecumenato post-battesimale
Art. 20: 2ª fase: catecumenato post-battesimale
Art. 21: 3ª fase: riscoperta dell’elezione
Titolo III : Educazione permanente della fede: una via di rinnovamento nella parrocchia
Art. 22: Educazione permanente nella piccola comunità
Art. 23: Una via di rinnovamento nella parrocchia
Titolo IV : Catecumenato battesimale
Art. 24: Catecumeni
Art. 25: Neofiti
Titolo V : Modalità del servizio della catechesi
Art. 26: Vescovo diocesano
Art. 27: Parroco e Presbiteri
Art. 28: Catechisti
Art. 29: Formazione dei catechisti
Art. 30: Centro neocatecumenale
Art. 31: Catechisti itineranti
Art. 32: Presbiteri itineranti
Art. 33: Famiglie in missione
Titolo VI : L’Équipe Responsabile internazionale del Cammino
Art. 34: L’attuale Équipe Responsabile internazionale
del Cammino
Art. 35: Elezione dell’Équipe Responsabile internazionale
del Cammino
Disposizione finale
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CONGREGATIO DE CULTU DIVINO
ET DISCIPLINA SACRAMENTORUM
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Prot. 2520/03/L
Città del Vaticano, 1 dicembre 2005
Egregi Signor Kiko Argüello, Sig.na Carmen Hernandez e Rev.do Padre Mario Pezzi,
a seguito dei dialoghi intercorsi con questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti circa la celebrazione della Santissima Eucaristia nelle comunità del Cammino Neocatecumenale, in linea con gli orientamenti emersi nell'incontro con Voi dell' 11 novembre c.a., sono a comunicarVi le decisioni del Santo Padre.
Nella celebrazione della Santa Messa, ‑il Cammino Neocatecumenale accetterà e seguirà i libri liturgici approvati dalla, Chiesa, senza omettere né aggiungere nulla. Inoltre, circa alcuni elementi si sottolineano le indicazioni e precisazioni che seguono:
1. La Domenica è il "Dies Domini", come ha voluto illustrare il Servo di Dio, il Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica sul Giorno del Signore Perciò il Cammino Neocatecumenale deve entrare in dialogo con il Vescovo diocesano affinché traspaia anche nel contesto delle celebrazioni liturgiche la testimonianza dell'inserimento nella parrocchia delle comunità del Cammino Neocatecumenale. Almeno una domenica al mese le comunità del. Cammino Neocatecumenale devono perciò partecipare alla Santa Messa della comunità parrocchiale.
2. Circa le eventuali monizioni previe alle letture, devono essere brevi. Occorre inoltre attenersi a quanto disposto dall'«Institutio Generalis Missalis Romani» (nn. 105 e 128) e al Praenotanda dell'«Ordo Lectionum Missae» (nn. 15, 19, 38, 42).
3. L'omelia, per la sua importanza e natura, è riservata al sacerdote o al diacono (cfr. C.I.C., can. 767 § 1). Quanto ad interventi occasionali di testimonianza da parte dei fedeli laici, valgono gli spazi e i modi indicati nell'Istruzione Interdicasteriale «Ecclesiae de mysterio», approvata "in forma specifica" dal Papa Giovanni Paolo Il e pubblicata il 15 agosto 1997. In tale documento, all'art. 3, §§ 2 e 3, si legge:
§ 2 ‑ <<E' lecita la proposta di una breve didascalia per favorire la maggior comprensione della liturgia che viene celebrata e anche, eccezionalmente, qualche eventuale testimonianza sempre adeguata alle norme liturgiche e offerta in occasione di liturgie eucaristiche celebrate in particolari giornate (giornata del seminario o del malato, ecc.) se ritenuta oggettivamente conveniente, come illustrativa dell'omelia regolarmente pronunciata dal sacerdote celebrante.Queste didascalie e testimonianze non devono assumere caratteristiche tali da poter essere confuse con l'omelia».
§ 3 ‑ «La possibilità del "dialogo" nell'omelia (cfr. Directorium de Missis cum pueris, n. 48) può essere, talvolta, prudentemente usata dal ministro celebrante come mezzo espositivo, con il quale non si delega ad altri il dovere della predicazione».
Si tenga inoltre attentamente conto di quanto esposto nell'Istruzione «Redemptionis Sacramentum», al n. 74.
4. Sullo scambio della pace, si concede che il Cammino Neocatecumenale possa usufruire dell'indulto già concesso, fino ad ulteriore disposizione.
5. Sul modo dì ricevere la Santa Comunione, si dà al Cammino Neocatecumenale un tempo di transizione (non più di due anni) per passare dal modo invalso nelle sue comunità di ricevere la Santa Comunione (seduti, uso di una mensa addobbata posta al centro della chiesa invece dell'altare dedicato in presbiterio) al modo normale per tutta la Chiesa di ricevere la Santa Comunione. Ciò significa che il Cammino Neocatecumenale deve camminare verso il modo previsto nei libri liturgici per la distribuzione del Corpo e Sangue di Cristo.
6. Il Cammino Neocatecumenale deve utilizzare anche le altre Preghiere eucaristiche contenute nel Messale, e, non solo la Preghiera eucaristica II.
In breve, il Cammino Neocatecumenale, nella celebrazione della Santa Messa, segua i libri liturgici approvati., avendo tuttavia presente quanto esposto sopra ai numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6.
Riconoscente al Signore per i frutti di bene elargiti alla Chiesa mediante le molteplici attività del Cammino Neocatecumenale, colgo l'occasione per porgere distinti saluti
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Cari Fratelli e sorelle,
Grazie di cuore per questa vostra visita. che mi offre l'opportunità dì inviare uno speciale saluto anche agli altri membri del Cammino Neocatecumenale disseminato in tante partì dei mondo. Rivolgo il mio pensiero a ciascuno dei presenti, ad, iniziare dai venerati Cardinali, Vescovi e sacerdoti. Saluto i responsabili del Cammino Neocatecumenale il Signor Kiko Argüelo che ringrazio per le parole che mi ha indirizzato a vostro nome, la Signora Carmen Hernandez e Padre Mario Pezzi. Saluto i seminaristi, i giovani e specialmente le famiglie che si apprestano a ricevere uno speciale "Invio" missionario per recarsi in varie nazioni soprattutto n America Latina,
E' un compito questo, che si colloca. nel contesto della nuova evangel1zzazione, nella quale gioca un ruolo quanto mai importante proprio la famiglia. Voi avete chiesto che a conferirlo fosse il Successore dì Pietro, come già avvenne con il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II) il 12 dicembre del 1994, perché la vostra azione apostolica intende collocarsi nel cuore della Chiesa, in totale sintonia con le sue direttive e in comunione con le Chiese particolari cui andrete ad operare valorizzando appieno la ricchezza dei carismi che il Signore ha suscitato attraverso gli iniziatori del Cammino. Care famiglie, il crocifisso che riceverete sarà vostro inseparabile compagno di cammino mentre proclamerete con la vostra azione missionaria che solo in Gesù Cristo, morto e risorto, c'è salvezza. Di Lui sarete testimoni miti e gioiosi percorrendo in semplicità , e povertà le strade d'ogni continente sostenuti da incessante preghiera ed ascolto della parola di Dio e nutriti dalla partecipazione alla vita liturgica delle Chiese particolari a cui siete inviati.
L'importanza della liturgia e, in particolare, della Santa Messa nell'evangelizzazione è stata a più riprese posta in evidenza dai miei Predecessori, e la vostra lunga esperienza può bene confermare come la centralità del mistero di Cristo celebrato nei riti liturgici costituisce una via privilegiata e indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti. ¹ Proprio per aiutare il Cammino Neocatecumenale a rendere ancora più incisiva la propria azione evangelizzatrice in comunione con tutto il popolo di Dio, di recente la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti vi ha impartito a mio nome alcune norme concernenti la Celebrazione eucaristica, dopo il periodo di esperienza che aveva concesso il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Sono certo che queste norme, che riprendono quanto è previsto nei libri liturgici approvati dalla Chiesa, saranno da voi attentamente osservate. Grazie all'adesione fedele ad ogni direttiva della Chiesa voi renderete ancor più efficace il vostro apostolato in sintonia e comunione piena con il Papa e i Pastori di ogni Diocesi. E così facendo, ne sono sicuro ², il Signore continuerà a benedirvi con abbondanti frutti pastorali.
In effetti, in questi anni molto voi avete potuto realizzare, lo vediamo anche qui, e numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono nate all'interno delle vostre comunità. Oggi tuttavia è particolarmente alle famiglie che si rivolge la nostra attenzione. Oltre 200 dì esse stanno per essere inviate in missione, sono famiglie che partono senza grandi appoggi umani, ma contando prima di tutto sul sostegno della Provvidenza divina. Care famiglie, voi potete testimoniare coni la vostra storia che il Signore non abbandona quanti a Lui si affidano. Continuate a diffondere il vangelo della vita. Dovunque vi conduce la vostra missione lasciatevi illuminare dalla consolante parola di Gesù: "Cercate prima il regno dì Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" ed ancora "Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini" (Mt. 16,33‑34). In un mondo che cerca certezze umane e terrene sicurezze, mostrate che Cristo è la salda roccia su cui costruire l'edificio della propria esistenza e che la fiducia in, lui riposta non è mai vana. La santa Famiglia di Nazaret vi protegga e sia vostro modello. Io assicuro la mia preghiera per voi e per tutti i membri del Cammino Neocatecumenale, mentre con affetto imparto a ciascuno l'Apostolica Benedizione.
¹ Il testo in grassetto e le sottolineature sono state .inserite da noi
² Le parole in corsivo sono state aggiunte al testo dal Papa durante la lettura
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Porto San Giorgio, 17 Gennaio 2006
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Carissimo Padre,
L'amore di Dio Padre, la santa umiltà di Cristo e la consolazione dello Spirito Santo siano con Lei.
Desideriamo ringraziarla con tutto il cuore per l'Udienza che ci ha concesso, con l'invio di 200 famiglie e per la Sua Parola, in cui ha sottolineato "l'importanza ... della Santa Messa nell'evangelizzazione" e che ‑ come "la vostra lunga esperienza può ben confermare" ‑ la centralità del mistero di Cristo celebrato nei riti liturgici costituisce una via privilegiata e indispensabile per costituire comunità cristiane vive e perseveranti".
Dopo l'Udienza ci siamo riuniti assieme, da tutte le nazioni, i 700 catechisti itineranti e siamo contentissimi delle "norme" che a Suo nome ci ha impartito il Cardinale Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Al riguardo noi vogliamo esprimere la nostra gratitudine a Lei, al Cardinale Arinze e alla Congregazione, per quanto è scritto nella lettera.
Abbiamo rinnovato insieme la disponibilità a seguire in tutto, con grande rispetto e obbedienza, le rubriche dei Messale Romano (Gloria, Credo, Lavabo, Orate fratres, Agnus Dei, …. ),
Con rispetto al primo punto della lettera ("almeno una domenica al mese le Comunità del Cammino Neocatecumenale devono partecipare alla Santa Messa della comunità parrocchiale"), ogni equipe di catechisti Itineranti parlerà con il Vescovo di ogni Diocesi per concordare detta partecipazione, soprattutto tenendo conto dei fratelli più piccoli e più lontani.
Vorremmo anche ringraziarLa, per la benevolenza, misericordia e bontà che ha mostrato verso i più lontani nel concedere lo spostamento del gesto della pace e i dure anni per adeguare il modo della distribuzione della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore: noi abbiamo sempre mostrato a tanti fratelli che vengono dall'inferno, pieni di ferite e di disprezzo verso se stessi, che nella Santa Eucaristia il Signore fa presente il suo amore, morendo e risuscitando per loro; non solo, ma preparando una mensa, un banchetto escatologico, che fa presente il Cielo e dove Lui stesso, pieno di amore, li fa sedere e passa a servirli: "Li farà mettere a tavola e passerà a servirli" (Lc 12,37).
In questo modo ogni volta che celebrano l'Eucaristia sperimentano la forza che ha il sacramento per trascinarli nella, Pasqua di Cristo, facendoli passare dalla tristezza all'allegria, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita ...
Il Signore sta preparando un popolo per evangelizzare i pagani. Sono milioni gli uomini che oggi non conoscono Cristo, La realtà è che il Signore ci chiama a evangelizzare come comunità cristiane che fanno presente la vita celeste in noi.
Grazie Santità! Insieme ai Cardinali, ai tantissimi Vescovi che ci hanno appoggiato e soprattutto a nome di tanti lontani che oggi benedicono Cristo, La ringraziamo con tutto il cuore.
Chiediamo la Sua Apostolica Benedizione.
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STATUTO DEL
CAMMINO NEOCATECUMENALE
ROMA – 13 Giugno 2008
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SOMMARIO
Titolo I: Natura e attuazione del Cammino Neocatecumenale
Art. 1: Natura del Cammino Neocatecumenale
Art. 2: Attuazione del Cammino Neocatecumenale
Art. 3: Compiti dell’Équipe Responsabile internazionale del Cammino
Art. 4: Beni temporali
Art. 5: Destinatari
Art. 6: Il Neocatecumenato si attua nella parrocchia
Art. 7: Il Neocatecumenato si attua in piccola comunità
Art. 8: Catechesi iniziali, itinerario neocatecumenale, “tripode” ed équipe di catechisti
Art. 9: Kerigma e celebrazioni
Art. 10: Nascita delle comunità neocatecumenali
Art. 11: Celebrazione settimanale della Parola
Art. 12: Veglia pasquale
Art. 13: Eucaristia
Art. 14: Penitenza, preghiera, anno liturgico, pratiche di pietà
Art. 15: Dimensione comunitaria e convivenza
Art. 16: L’esperienza della koinonia e i frutti della comunità
Art. 17: Iniziazione alla missione
Art. 18: Iniziazione vocazionale
Art. 19: 1ª fase: riscoperta del precatecumenato
Art. 20: 2ª fase: riscoperta del catecumenato
Art. 21: 3ª fase: riscoperta dell’elezione
Art. 22: Educazione permanente nella piccola comunità
Art. 23: Una via di rinnovamento nella parrocchia
Art. 24: Catecumeni
Art. 25: Neofiti
Art. 26: Vescovo diocesano
Art. 27: Parroco e Presbiteri
Art. 28: Catechisti
Art. 29: Formazione dei catechisti
Art. 30: Centro neocatecumenale
Art. 31: Catechisti itineranti
Art. 32: Presbiteri itineranti
Art. 33: Famiglie in missione
Art. 34: L’attuale Équipe Responsabile internazionale del Cammino
Art. 35: Elezione dell’Équipe Responsabile internazionale del Cammino
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